IL CORAGGIO DIMENTICATO

http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/cronaca/immigrati-7/saviano-coraggio/saviano-coraggio.html

di ROBERTO SAVIANO

Pubblichiamo la versione integrale dell’articolo di Roberto Saviano uscito oggi da Repubblica.

Chi racconta che l’arrivo dei migranti sui barconi porta valanghe di
criminali, chi racconta che incrementa violenza e degrado, sta
dimenticando forse due episodi recentissimi ed estremamente
significativi, che sono entrati nella storia della nostra Repubblica.
Le due più importanti rivolte spontanee contro le mafie, in Italia, non
sono partite da italiani ma da africani. In dieci anni è successo
soltanto due volte che vi fossero, sull’onda dello sdegno e della fine
della sopportazione, manifestazioni di piazza non organizzate da
associazioni, sindacati, senza pullman e partiti.

Manifestazioni spontanee. E sono stati africani a farle. Chi ha urlato:
"Ora basta" ai capizona, ai clan, alle famiglie sono stati africani. A
Castelvolturno, il 19 settembre 2008, dopo la strage a opera della
camorra in cui vengono uccisi sei immigrati africani: Kwame Yulius
Francis, Samuel Kwaku e Alaj Ababa, del Togo, Cristopher Adams e Alex
Geemes della Liberia e Eric Yeboah del Ghana. Joseph Ayimbora, ghanese,
viene ricoverato in condizioni gravi. Le vittime sono tutte
giovanissime, il più anziano tra loro ha poco più di trent’anni, sale
la rabbia e scoppia una rivolta davanti al luogo del massacro. La
rivolta fa arrivare telecamere da ogni parte del mondo e le immagini
che vengono trasmesse sono quelle di un intero popolo che ferma tutto
per chiedere attenzione e giustizia. Nei sei mesi precedenti, la
camorra aveva ucciso un numero impressionante di innocenti italiani. Il
16 maggio Domenico Noviello, un uomo che dieci anni fa aveva denunciato
un’estorsione ma appena persa la scorta l’hanno massacrato. Ma nulla.
Nessuna protesta. Nessuna rimostranza. Nessun italiano scende in
strada. I pochi indignati, e tutti confinati sul piano locale, si
sentono sempre più soli e senza forze.

Ma questa solitudine finalmente si rompe quando, la mattina del 19,
centinaia e centinaia di donne e uomini africani occupano le strade e
gridano in faccia agli italiani la loro indignazione. Succedono
incidenti. Ma la cosa straordinaria è che il giorno dopo, gli africani,
si faranno carico loro stessi di riparare ai danni provocati.
L’obiettivo era attirare attenzione e dire: "Non osate mai più". Contro
poche persone si può ogni tipo di violenza, ma contro un intera
popolazione schierata, no. E poi a Rosarno. In provincia di Reggio
Calabria, uno dei tanti paesini del sud Italia a economia
prevalentemente agricola che sembrano marchiati da un sottosviluppo
cronico e le cui cosche, in questo caso le ‘ndrine, fatturano cifre
paragonabili al PIL del paese.

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La
cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, come dimostra l’inchiesta del GOA
della Guardia di Finanza del marzo 2004, aveva deciso di riciclare il
danaro della coca nell’edilizia in Belgio, a Bruxelles, dove per la
presenza delle attività del Parlamento Europeo le case stavano
vertiginosamente aumentando di prezzo. La cosca riusciva a immettere
circa trenta milioni di euro a settimana in acquisto di abitazioni in
Belgio.

L’egemonia sul territorio è totale, ma il 12 dicembre 2008, due
lavoratori ivoriani vengono feriti, uno dei due in gravissime
condizioni. La sera stessa, centinaia di stranieri – anche loro, come i
ragazzi feriti, impiegati e sfruttati nei campi – si radunano per
protestare. I politici intervengono, fanno promesse, ma da allora poco
è cambiato. Inaspettatamente, però, il 14 di dicembre, ovvero a due
soli giorni dall’aggressione, il colpevole viene arrestato e il movente
risulta essere violenza a scopo estorsivo nei riguardi della comunità
degli africani. La popolazione in piazza a Rosarno, contro la presenza
della ‘ndrangheta che domina come per diritto naturale, non era mai
accaduto negli anni precedenti.

Eppure, proprio in quel paese, una parte della società, storicamente,
aveva sempre avuto il coraggio di resistere. Ne fu esempio Peppe
Valarioti, che in piazza disse: "Non ci piegheremo", riferendosi al
caso in cui avesse vinto le elezioni comunali. E quando accadde fu
ucciso. Dopo di allora il silenzio è calato nelle strade calabresi.
Nessuno si ribella. Solo gli africani lo fanno.

E facendolo difendono la cittadinanza per tutti i calabresi, per tutti
gli italiani. Difendono il diritto di lavorare e di vivere
dignitosamente e difendono il diritto della terra. L’agricoltura era
una risorsa fondamentale che i meccanismi mafiosi hanno lentamente
disgregato facendola diventare ambito di speculazioni criminali. Gli
africani che si sono rivoltati erano tutti venuti in Italia su barconi.
E si sono ribellati tutti, clandestini e regolari. Perche da tutti le
organizzazioni succhiano risorse, sangue, danaro.

Sulla rivolta di Rosarno, in questi giorni, è uscito un libretto assai
necessario da leggere con un titolo in cui credo molto. "Gli africani
salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l’Italia" di Antonello
Mangano, edito da Terrelibere. La popolazione africana ha immesso nel
tessuto quotidiano del sud Italia degli anticorpi fondamentali per
fronteggiare la mafia, anticorpi che agli italiani sembrano mancare.
Anticorpi che nascono dall’elementare desiderio di vivere.

L’omertà non gli appartiene e neanche la percezione che tutto è sempre
stato così e sempre lo sarà. La necessità di aprirsi nuovi spazi di
vita non li costringe solo alla sopravvivenza ma anche alla difesa del
diritto. E questo è l’inizio per ogni vera battaglia contro le cosche.
Per il pubblico internazionale risulta davvero difficile spiegarsi
questo generale senso di criminalizzazione verso i migranti. Fatto poi
da un paese, l’Italia, che ha esportato mafia in ogni angolo della
terra, le cui organizzazioni criminali hanno insegnato al mondo come
strutturare organizzazioni militari e politiche mafiose. Che hanno
fatto sviluppare il commercio della coca in Sudamerica con i loro
investimenti, che hanno messo a punto, con le cinque famiglie mafiose
italiane newyorkesi, una sorta di educazione mafiosa all’estero.

Oggi, come le indagini dell’FBI e della DEA dimostrano, chiunque voglia
fare attività economico-criminali a New York che siano kosovari o
giamaicani, georgiani o indiani devono necessariamente mediare con le
famiglie italiane, che hanno perso prestigio ma non rispetto. Altro
esempio eclatante è Vito Roberto Palazzolo che ha colonizzato persino
il Sudafrica rendendolo per anni un posto sicuro per latitanti, come le
famiglie italiane sono riuscite a trasformare paesi dell’est in loro
colonie d’investimento e come dimostra l’ultimo dossier di Legambiente
le mafie italiane usano le sponde africane per intombare rifiuti
tossici (in una sola operazione in Costa D’Avorio, dall’Europa, furono
scaricati 851 tonnellate di rifiuti tossici).

E questo paese dice che gli immigrati portano criminalità? Le mafie
straniere in Italia ci sono e sono fortissime ma sono alleate di quelle
italiane. Non esiste loro potere senza il consenso e la speculazione
dei gruppi italiani. Basta leggere le inchieste per capire come
arrivano i boss stranieri in Italia. Arrivano in aereo da Lagos o da
Leopoli. Dalla Nigeria, dall’Ucraina dalla Bielorussia. Gestiscono
flussi di danaro che spesso reinvestono negli sportelli Money Transfer.
Le inchieste più importanti come quella denominata Linus e fatta dai pm
Giovanni Conzo e Paolo Itri della Procura di Napoli sulla mafia
nigeriana dimostrano che i narcos nigeriani non arrivano sui barconi ma
per aereo. Persino i disperati che per pagarsi un viaggio e avere
liquidità appena atterrano trasportano in pancia ovuli di coca. Anche
loro non arrivano sui barconi. Mai.

Quando si generalizza, si fa il favore delle mafie. Loro vivono di
questa generalizzazione. Vogliono essere gli unici partner. Se tutti
gli immigrati diventano criminali, le bande criminali riusciranno a
sentirsi come i loro rappresentanti e non ci sarà documento o arrivo
che non sia gestito da loro. La mafia ucraina monopolizza il mercato
delle badanti e degli operai edili, i nigeriani della prostituzione e
della distribuzione della coca, i bulgari dell’eroina, i furti di auto
di romeni e moldavi. Ma questi sono una parte minuscola delle loro
comunità e sono allevate dalla criminalità italiana. Nessuna di queste
organizzazioni vive senza il consenso e l’alleanza delle mafie
italiane.

Nessuna di queste organizzazioni vivrebbe una sola ora senza l’alleanza
con i gruppi italiani. Avere un atteggiamento di chiusura e
criminalizzazione aiuta le organizzazioni mafiose perché si costringe
ogni migrante a relazionarsi alle mafie se da loro soltanto dipendono i
documenti, le abitazioni, persino gli annunci sui giornali e
l’assistenza legale. E non si tratta di interpretare il ruolo delle
"anime belle", come direbbe qualcuno, ma di analizzare come le mafie
italiane sfruttino ogni debolezza delle comunità migranti. Meno queste
vengono protette dallo Stato, più divengono a loro disposizione. Il
paese in cui è bello riconoscersi – insegna Altiero Spinelli padre del
pensiero europeo – è quello fatto di comportamenti non di monumenti. Io
so che quella parte d’Italia che si è in questi anni comportata capendo
e accogliendo, è quella parte che vede nei migranti nuove speranze e
nuove forze per cambiare ciò che qui non siamo riusciti a mutare.
L’Italia in cui è bello riconoscersi e che porta in se la memoria delle
persecuzioni dei propri migranti e non permetterà che questo riaccada
sulla propria terra.

Published by arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency

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